Venezia e Bari tra incanto e disincanto

Fotografie di MICHELE LEVIS e GIULIO LIMONGELLI

É scientificamente provato che è il nostro cervello a creare la visione del mondo che ci circonda. Lo diceva già Ansel Adams, fotografo degli inizi del ‘900:”Non fai solo una fotografia con la macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tute le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito, e le persone che hai amato.” Al di là della competenza tecnica più o meno necessaria, tutto quello che riguarda il processo che tramuta un oggetto, un soggetto o il mondo esterno in rappresentazione, è nelle mani del fotografo, della sua sensibilità, intuizione, cultura. La fotografia è un mezzo, una lingua, crea immagini del mondo, veicola messaggi o racconti. Cosa fare con questo strumento è una decisione di chi lo usa.  Ma la caratteristica che accomuna la fotografia (quando è passione) all’arte è la gratuità dell’agire che garantisce la libertà. Libertà che caratterizza quello che indico “occhio flâneur”. Coniato nell’800 dal poeta Charles Baudelaire il termine “flâneur” connotava colui che oziosamente vaga per la città, sperimentando e provando emozioni, non troppo coinvolto ma perspicace. Ma il passeggiare oziosamente per avere uno sguardo diverso sulle cose, non è un’esclusiva del flâneur. Jean Jacques Rousseau nel ‘700 scriveva “Le fantasticherie del passeggiatore solitario”, raccogliendo riflessioni filosofiche e sociali e osservazioni botaniche e elogiava il “prezioso far niente”.  Un più autorevole esempio è quello di Aristotele e della sua Scuola peripatetica (La Passeggiata) per non parlare dell’”otium” latino. Osservare quando gli altri guardano, rallentare quando gli altri corrono. Per fotografare in un certo modo, insieme ai pensieri serve la calma. È importante dimenticarsi di sé stessi e di quello che conosciamo. Lo sguardo che riesce a vedere, è uno sguardo che scivola sulle cose rilassato, curioso e senza particolari intenzioni e proprio per questo capace di essere attratto da ogni incanto e da ogni disincanto, riesce a trovare quel delicato equilibrio tra l’interiorità della persona, con la sua cultura, il suo vissuto, le sue emozioni, e ciò che sta all’esterno. Equilibrio che sembra aver trovato lo sguardo dei due fotografi in mostra: Michele Levis e Giulio Limongelli. Fotografi con specificità diverse, li accomuna l’occhio che riescono ad avere sulle rispettive città di origine, Venezia e Bari. Consapevole della difficoltà di fotografare due città così particolari, il loro sguardo, anche nel disincanto, parla con affetto del luogo che li ha visti nascere. La scelta dell’allestimento, una sorta di Promenade visiva lungo le pareti della Galleria, ha voluto rendere conto di questo loro andar per luoghi a cogliere ciò che senza alcun pregiudizio avesse colpito la loro sensibilità.

A cura di Letizia Rostagno

Presentazione del filosofo Carlo Monaco

 

Sabato 28 Ottobre, ore 11.00, Salone Maggiore